STORIA DI UNA STORIA NON SCRITTA (1974)


Come disse il Vescovo di Hieria, in Hieria, in occasione del Concilio del 752 dC., indetto da Costantino V Copronimo (il Sudicio), che disse,’ «Non ci sarà sasso, pietra, albero e ombra di albero che non saranno infatti. L’ultimo miracolo è riservato a Dio
».

CAPITOLO PRIMO
Nel primo capitolo del mio romanzo non scritto, spiegavo le ragioni del non-scrivere e il senso della non-scrittura. Come si poteva, infatti, proporre un racconto sulla distruzione del racconto (come si vedrà, sulla libertà del racconto), sulla distruzione dello scolpire, del dipingere (sulla libertà di scolpire e dipingere) rifacendo un libro, una scultura e un dipinto? Mi sembrava di aver capito che per cominciare si doveva cominciare a non-scrivere, a non-dipingere, a non-scolpire e basta. Rifiutare le lingue nuove e le forme nuove. Disprezzare la creatività.
Un momento della non-creatività era certamente nella non-scrittura.
Io, dunque, allora, all’epoca del Gruppo ‘63, fra tanti che scrivevano, tentavano, giravano parlando del romanzo, di «il mio romanzo», ero nella non-parola, cioè: non è che parlassi del non-padare, del non-scrivere etc., etc. Io non-parlavo del non-parlare. E questo non è silenzio, si noti bene. E parlare di altre cose. Non è tacere. Tutt’altro! Così anche io, alla fine, parlavo del mio romanzo. E il mio romanzo era un vuoto: tutto ciò che si può dire attorno a un testo di non-scrittura, ovviamente non-scritto.
P. es. non si parla mai del personaggio principale, ma di altri che non hanno niente a che fare con lui, che sono però in rapporto di non-rapporto. Come un bicchiere con l’acqua che c’è dentro e che non c’è, che ci sarà, oche non ci sarà mai. Tutto si svolge, per così dire, attorno a una certa distanza da qualcosa che potrebbe anche accadere o non-accadere (un non-qualcosa).— Etc. etc. — Come si vede un romanzo che mi ha trascinato in mille altri romanzi (la storia della sarta, la storia dell’operaio dotato di ubiquità etc.) che non avevano collegamento fra di loro.
Così io ho sprecato il mio tempo migliore parlando a vanvera e a casaccio di storie, che stavano di qua o di là, di sopra o di sotto, della storia che mi stava a cuore. Ecco qui la sroria del mio fallimento come scrittore e la storia del mio successo come conversatore. Solo che, parla e parla, attorno a questo mio non-scrivere, l’operazione non- scrittura, una volta, due, o tre (cosa che un vero scrittore non farà mai!) ho rivelato a qualcuno la storia non-scritta, che avrebbe dovuto rivelarsi da sola, in seguito, con gli anni, molti anni dopo. E così mela sono vista ricordare in un modo, tanto goffo, tanto tozzo, brutale e banale (da ultimo — con orrore — in una mostra d’arte concettuale, commercializzata e rifatta quadro!) che ora debbo passare alla stesura, scrivere una volta per tutte, la mia storia non-scritta. Distruggerla io, per sempre, e non pensarci più.


CAPITOLO SECONDO
Si trattava di un ragazzo alla ricerca di un maestro. il ragazzo sa che un maestro, un artista in genere, ha bisogno di chi si occupi di problemi concreti, che si dia da fare, che in un certo senso lo tuteli nei rapporti con il quotidiano. Il ragazzo vive nella città, Siamo nell’immediato dopoguerra e si ha la sensazione, enorme, di una conquista che si sta perdendo. Il 25 Aprile abbiamo conquistato la città, il 26 Aprile abbiamo cominciato a perderla.

CAPITOLO TERZO
Il ragazzo incontra il maestro, Il maestro è uno strano tipo d’artista, risentito e meschino. Accetta il rapporto col ragazzo, ma il rapporto non ha significato. Infatti: per ciò che riguarda l’arte, il maestro non ne parla mai, Mai. Non solo, Non fa assolutamente nulla e il ragazzo, per forza di cose, non riesce ad imparare. Nei rapporti quotidiani, poi, il maestro è sempre immerso in loschi affari, con piccoli mediatori, portaborsari neri, malavita e taccheggiatori. ll ragazzo si trova così con la..

[Corrado Costa, Casa Editrice Le Lettere, Firenze 2007]