Denis de Rougemont [1]:
"Tutto ciò mi ricorda la frase di Vernet a proposito d’un quadro
che vendeva molto caro: «Mi ha richiesto un’ora di lavoro, e tutta la vita »
"L’estate del ‘38 fu una ben tragica estate: e, in quella estate, Denis de Rougemont, scrisse, dalla Francia, la parola e fine » al suo «L’Amore e l’Occidente ». Era un intellettuale giovane, aveva trentadue anni..[Armanda Guiducci [2]]
Dunque il libro arriva nel 1944 nelle mani attente di Santucci [3] che lo tradurrà
E nei momenti di panico e resa interiore (che per me pavido intellettuale furono tanti e troppi) la forza olimpica e insieme provocante, colloquiale ed estrosa di Rougemont, fu per me durante quei mesi non so quale malleveria dello spirito sulla violenza, un non praevalebunt, una segreta mano sulla spalla che — senza che il libro c’entrasse per nulla con quanto andavo vivendo — mi fornivano la più necessaria, positiva « alienazione».
[leitmotiv o keywords, Fenoglio, Santucci [3]]
Ci avverte Denis de Rougemont [1]: Ho chiamato « libri » le diverse parti di quest’opera, perché ognuna abbozza il contenuto d’un volume di dimensioni ordinarie. La gran quantità dei fatti e dei testi citati, il continuo intrecciarsi dei leitmotiv, rischierebbero di sviare qualche lettore se non dessi qui la chiave della sua composizione. .
In sostanza, io dico, è un continuo parlar d'altro, cioè rivendicare esplicitamente l'andar pe' li rami, tralignare, spiazzare,scartar di lato improvvisi. Dato che, lo sappiamo bene, non ha senso puntare diritti allo scopo che ci fugge avanti, per cui è sempre preferibile menare il campo pe' l'aia, lasciare andare il discorso che ci sfugge dalle mani quando tentiamo di afferrarlo.
Cioè un ipertesto di fatto che si assume come tale a leitmotiv strutturale, in quanto fa riferimento agli oggetti-libro di L' amore e l'Occidente | Autore Rougemont Denis de | Traduttore Santucci L. | BUR Biblioteca Univ. Rizzoli [4] (collana La Scala. Saggi [5])
(..) Scoprii L’Amour et l’Occident, o piuttosto v’inciampai, in una stagione tutt’altro che libresca: la primavera del 1944, quando mi toccava passare lunghe settimane nel castello d’una principessa, in Canton Ticino, dove facevamo stallo noi partigiani italiani; una sorta di dorata licenza in attesa che i nostri capi, fatti gli opportuni smistamenti, ci riconvogliassero nelle valli della guerriglia. In quei quasi ariosteschi ritiri, assurdi per cibi prelibati e linde lenzuola, c’era provvidenzialmeote una biblioteca, principesca anch’essa e saccheggiabile. La mia mano (mi vergogno un p0’ a confessarlo) corse su questo volume il cui titolo, creduto malizioso, prometteva letture galanti e forse piccanti a quella pigrizia erotica e meridiana che la vita di guarnigione suole ingenerare, Ma l’addentrarmi nelle sue pagine, nonché deludermi, mi porrò subito a un’esaltazione, per fortuna su altri livelli: a quell’incapacità di staccarsi dal libro che caratterizza i grandi incontri, le decisive scoperte intellettuali che ci segnano per tutta la vita, Tanta esaltazione che, quando la fanfara squillò per me a ributtarmi da quell’arcadia elvetica nella bolgia del Nord Italia, non resistetti a consumare un piccolo e tutto italico tradimento verso la mia ospite: mi ficcai nello zaino l’Amour et l’Occident.
Questo libro finii dunque di leggerlo nei bivacchi di quella che la storia chiamò poi, con termine diventato pomposo e manualistico, « la Resistenza». Mi accompagnò nel mio fagotto come un breviario. Lo lessi e lo annotai al lume di torce elettriche o candele, nelle stamberghe e nei fantomatici domicili dove, per far perdere le nostre tracce, si dormiva una sola, notte bisbigliando una parola d’ordine. E fu quel blocco di carta stampata (ma al di qua delle fascinanti tesi storiche e filosofiche, della serratissima dialettica culturale dipanata da Rougemont: tutto ciò lo decifrai compiutamente più tardi, a freddo) la nourriture e insieme l’« altra dimensione» di quell’avventura senz’armi che fu la mia. C’era, in quell’oggetto che si andava ogni giorno sgualcendo e deteriorando, il noùmeno, il prezioso miele di cui avevamo perduto il sapore: la cultura, il libero e inebriante esercizio del talento, l’Europa e l’Occidente appunto, per cui ci si batteva e si ramingava di forra in forra, di nascondiglio in nascondiglio. Il saggio di Rougemont mi divenne dunque l’immagine d’una città alta di pensiero, con le sue cuspidi e cattedrali, che sconfiggeva l’orizzonte corrusco e fangoso della guerra: una Terra promessa, un coraggio. Così io leggevo e fuggivo, leggevo e andavo ad appuntamenti in cantine di cospiratori, in tipografie suburbane di stampa clandestina. E nei momenti di panico e resa interiore (che per me pavido iutellettuale furono tanti e troppi) la forza olimpica e insieme provocante, colloquiale ed estrosa di Rougemont, fu per me durante quei mesi non so quale malleveria dello spirito sulla violenza, un non praevalebunt, una segreta mano sulla spalla che — senza che il libro c’entrasse per nulla con quanto andavo vivendo — mi fornivano la più necessaria, positiva « alienazione».
Fu pertanto una specie di voto il mio impegno che, se fossi uscito vivo, avrei tradotto quel libro, gli avrei trovato un editore in Italia; e sarei poi andato sulle tracce del prestigioso maestro (che faccia, che voce poteva avere?...) per annunciargli quale impensabile sorte avesse avuto la sua fatica, ben oltre il messaggio culturale, nella bisaccia di un ignoto giovanotto del maquis italiano.
Tutte cose che ho fatto, con premiante letizia. E altresì quella di partecipare a Denis (il quale mi si rivelò persona di affabilissimo fascino, ben all’altezza della sua genialità di scrittore) che il suo libro mi aveva insegnato più di tutti i corsi universitari, aveva sgranchito a dimensioni europee la mia accademica saputaggine di laureatino.
http://www.ibs.it/code/9788817112888/rougemont-denis-de/amore-occidente.html [9]
Denis de Rougemont: L'amore e l'Occidente
In questa prima parte mi limito a darvi qualche informazione sull'autore e sommarie indicazioni sul contenuto del libro.
Denis de Rougemont, scrittore e saggista elvetico, nacque nel 1906 a Couvet, nel cantone di Neuchâtel. Dapprima indirizzato verso gli studi scientifici, si dedicò poi alle lettere, studiando a Neuchâtel, a Vienna e a Ginevra e seguendo fra l'altro un seminario di Jean Piaget sull'epistemologia genetica e un corso di Max Niedermann sulla linguistica di Ferdinand de Saussure. Accostatosi al pensiero di Emmanuel Mounier [10], nei primi anni '30 aderì al movimento personalista.
Rougemont è da considerarsi fra i padri dell'Unione Europea, in quanto dedicò gran parte della propria esistenza alla diffusione dell'idea federalista; nel 1950 fondò il Centro di cultura europea di Ginevra.
Nei suoi scritti si avverte il bisogno di definire gli aspetti essenziali della civiltà occidentale, e la preoccupazione per il destino che pare sovrastarla con l'affermarsi del bolscevismo, del fascismo e del nazionalsocialismo, con il secondo conflitto mondiale e poi con la guerra fredda.
Fra le sue opere più significative: Penser avec les mains(Pensare con le mani, 1936), Journal d'un intellectuel en chômage (Diario di un intellettuale disoccupato, 1937), L'amour et l'Occident (L'amore e l'Occidente, 1939),Lettres sur la bombe atomique (Lettere sulla bomba atomica, 1947), L'aventure occidentale de l'homme (L'avventura occidentale dell'uomo, 1957), Vingthuit siècles d'Europe(Ventotto secoli d'Europa, 1961), Lettre ouverte aux européens (Lettera aperta agli europei, 1970).
Denis de Rougemont morì nel 1985 a Ginevra. Della diffusione del suo pensiero si occupa oggi una fondazione [11] a lui intitolata.
L'amore e l'Occidente è un testo complesso e affascinante, uno dei più singolari saggi sul sentimento amoroso. Si fonda su una tesi originale che a suo tempo suscitò aspre critiche: secondo questa tesi, alle origini della poetica dei trovatori, che ha permeato di sé l'intera letteratura europea e ha generato il nostro modo di concepire l'amore, si troverebbe l'eresia catara.
Nella prefazione alla 1a edizione, datata 21 giugno 1938, Rougemont scrive:
Ho vissuto questo libro lungo tutto il corso della mia adolescenza e della mia giovinezza; l'ho concepito sotto forma di opera scritta, nutrendolo di qualche lettura, da due anni; infine l'ho redatto in quattro mesi. Tutto ciò mi ricorda la frase di Vernet a proposito d'un quadro che vendeva molto caro: «Mi ha richiesto un'ora di lavoro, e tutta la vita».
Segue il sommario dell'edizione accresciuta (1956)
Libro I: Il mito di Tristano
1. Il trionfo del romanzo, e ciò ch'esso nasconde
2. Il mito
3. Attualità del mito; ragioni della nostra analisi
4. Il contenuto palese del romanzo di Tristano
5. Enigmi
6. Cavalleria contro matrimonio
7. L'amore del romanzo
8. L'amore dell'amore
9. L'amore della morte
10. Il filtro
11. L'amore vicendevole infelice
12. Una vecchia e grave melodia
Libro II: Le origini religiose del mito
1. L'«ostacolo» naturale e sacro
2. Eros, o il desiderio senza fine
3. Agapé, o l'amore cristiano
4. Oriente e Occidente
5. Reazione del cristianesimo nei costumi occidentali
6. L'amor cortese: trovatori e catari
7. Eresia e poesia
8. Obiezioni
9. I mistici arabi
10. Sguardo d'insieme del fenomeno cortese
11. Dall'amor cortese al romanzo bretone
12. Dai miti celtici al romanzo bretone
13. Dal romanzo bretone a Wagner attraverso Gottfried
14. Prime conclusioni
Libro III: Passione e misticismo
1. Poniamoci il problema
2. Tristano: un'avventura mistica
3. Trasposizioni curiose, ma inevitabili
4. I mistici ortodossi e il linguaggio della passione
5. La retorica cortese nei mistici spagnoli
6. Nota sulla metafora
7. Liberazione finale dei mistici
Libro IV: Il mito nella letteratura
1. D'una precisa influenza della letteratura sui costumi
2. Le due Rose
3. Sicilia, Italia, Beatrice e Simbolo
4. Petrarca, o il retore convertito
5. Un ideale a ritroso: la «gauloiserie»
6. Continuazione della cavalleria, fino a Cervantes
7. Romeo e Giulietta -- Milton
8. L'Astrea: dalla mistica alla psicologia
9. Corneille, o il mito combattuto
10. Racine, o il mito scatenato
11. Fedra, o il mito «punito»
12. Eclissi del mito
13. Don Giovanni e Sade
14. La nouvelle Héloïse
15. Il Romanticismo tedesco
16. Interiorizzazione del mito
17. Stendhal, o il fallimento del sublime
18. Wagner, o il compimento
19. Volgarizzazione del mito
20. L'istinto glorificato
21. La passione in tutti i campi
Libro V: Amore e guerra
1. Parallelismo delle forme
2. Linguaggio guerriero dell'amore
3. La cavalleria, legge dell'amore e della guerra
4. I tornei, o il mito in atto
5. Condottieri e cannoni
6. La guerra classica
7. La guerra in merletti
8. La guerra rivoluzionaria
9. La guerra nazionale
10. La guerra totale
11. La passione trasportata nella politica
Libro VI: Il mito contro il matrimonio
1. La crisi moderna del matrimonio
2. Idea moderna della felicità
3. «Amare è vivere!»
4. Sposare Isotta?
5. Dall'anarchia all'eugenetica
6. Senso della crisi
Libro VII: L'amore azione, o della fedeltà
1. Necessità di un partito preso
2. Critica del matrimonio
3. Il matrimonio come decisione
4. Sulla fedeltà
5. Eros salvato da Agapé
6. I paradossi dell'Occidente
7. Al di là della tragedia
Appendici:
1. Carattere sacro della leggenda
2. Cavalleria sacra
3. Canzoni di gesta e romanzi cortesi
4. Concezioni orientali dell'amore
5. Mistica e amor cortese
6. Freud e i Surrealisti
7. L'introduzione della dama nel gioco degli scacchi
8. Dante eretico?
9. «Colpo di fulmine» e conversione
10. Passione e ascesi
11. San Francesco d'Assisi e i catari
12. Le beghine: dal catarismo alla mistica cristiana attraverso la poetica cortese
13. Sul sadismo
Post scriptum:
- Non definitivo e scientifico-polemico
- Influenze ambigue
- La rinascenza catara nel XX secolo
- Replica ai miei critici
- Un trovatore mistico: Henri Suso
- Origini iraniche del Graal
- Trovatori e catari
- Tantrismo e cortesia
- Sull'invenzione dell'amore nel XII secolo
- Invocazione finale
- Malintesi sulla morale
- Passione e allergia
- Passione e droga
- Passione e matrimonio
Bibliografia
Indici
Armanda Guiducci. INTRODUZIONE - Triste Europa — tale potrebbe essere il sottotitolo di questo libro famoso, bello, e tuttora acceso di preoccupanti verità. La prima volta che de Rougemont lo scrisse (se l’era progettato dentro lungo tutta la sua giovinezza), volgevano gli anni dal 1936 al ‘38. L’Europa incominciava ad affondare nella tracotanza del sangue, a colpi di offese: la guerra di Spagna, la guerra di Abissinia, mentre il fascismo dilagava, una macchia d’inchiostro. L’annessione dell’Austria, il e corridoio di Danzica.
L’estate del ‘38 fu una ben tragica estate: e, in quella estate, Denis de Rougemont, scrisse, dalla Francia, la parola e fine » al suo «L’Amore e l’Occidente ». Era un intellettuale giovane, aveva trentadue anni, ma già una sufficiente maturità europea, fra la Svizzera dell’origine e degli studi letterari (era nato a Neuchltel nel 1906), la Svizzera allora straordinario osservatorio dell’inciviltà dilagante, la Germania di Francoforte e, infine, la Francia, perché le pulsazioni febbrili del cuore ammalato dell’Europa non sfuggissero alla presa intuitiva di questo libro intensamente vissuto. Lampi oscuri di certezze disfatte attraversano, come una premonizione, le pagine della prima stesura. È l’epoca in cui tutti i «valori» dell’Europa si offuscano, l’orìzzonte di riferimento, morale e sentimentale, incomincia a barcollare dietro una crescente caligine.
L’epoca che conosce la gestazione di libri come
« Il tramonto dell’Occidente » di Spengler,
« La crisi della civiltà » di Huizinga e
« La crisi dei valori» di Scheler.
L’angoscia che si diffonde — il senso di una prossima e probabile fine — si- tinge culturalmente, nel Nord e nel Centro Europa, dei primi sussulti dell’esistenzialismo di Kierkegaard.
AVVERTIMENTO
Ho chiamato « libri » le diverse parti di quest’opera, perché ognuna abbozza il contenuto d’un volume di dimensioni ordinarie.
La gran quantità dei fatti e dei testi citati, il continuo intrecciarsi dei leitmotiv, rischierebbero di sviare qualche lettore se non dessi qui la chiave della sua composizione.
Il primo libro espone il contenuto occulto della leggenda o mito di Tristano: è una discesa ai cerchi progressivi della passione. L’ultimo libro indica un’attitudine umana diametralmente opposta, riuscendo in tal modo a completare la descrizione della passione: giacché non si può dir di conoscere a fondo se non le cose che si sono su perate o quelle almeno di cui si è potuto toccare, fosse pur senza oltre passarli, i limiti.
Dei libri intermedi dirò che il secondo cerca di risalire alle origini religiose del mito, mentre quelli che lo seguono descrivono i suoi effetti nei più diversi settori: mistica, letteratura, arte della guerra, morale del matrimonio.
Giustificare un volume cosi denso col pretesto che è sempre gradevole parlar di cose d’amore, difficilmente potrebbe convincere. E, d’altra parte, non penso sarebbe vantaggioso per me: ché anzi ci farebbe arrossire l’idea di doverlo dividere con tanti autori di successo. Ho preferito quindi cimentarmi con non lievi difficoltà. Non ho voluto eludere né sottovalutare quello che Stendhal denominava l’amore-passione, ma ho tentato di descriverlo come un fenomeno storico, d’origine propriamente religiosa. E provato che uomini e donne, non solo son sempre disposti a sentir parlare d’amore; anzi, non ne sono mai sazi, anche quando il discorso diventi bisnale; ma non appena si faccia intervenire un certo rigore li assale una gran paura che ci si accinge a definire la passione. I più, opina Laclos, « rinuncerehbero anche ai propri piaceri, se questi dovessero costar loro la fatica d’una riflessione ». Perciò questo libro si dimostrerà necessario nella misura in cui, da principio, farà nascere nel lettore dell’ostilità, e sarà utile solo se varrà a convincere coloro che si saranno resi consapevoli, leggendolo, delle ragioni per cui inizialmente lo trovarono spiacevole. Un tal metodo mi tirerà addosso chissà quanti rimproveri. Gl’innamorati mi tacceranno di cinico, mentre quelli che non hanno mai conosciuto la vera passione si stupiranno di vedermici consacrare tutto un libro. Gli uni diranno che a definire l’amore lo si perde; gli altri che si perde il proprio tempo. A chi piacerò? Soltanto a chi voglia sapere? O addirittura a chi voglia guarire?
Ho preso le mosse da un tipo di passione quali la vivono gli occidentali, da una forma estrema, in apparenza eccezionale: il mito di Tristano e Isotta. Ci è necessario questo punto di riferimento favoloso, questo esempio insigne e « banale » — come si dice che è banale un forno, quindi unico — se nella nostra vita vogliamo comprendere il senso a il fine della passione.
Resta quindi sottinteso che ho semplificato. Perché perdere tempo e stile a spiegare e rispiegare che la realtà è pid complessa di tutto quello che si possa dirue? Il fatto che la vita sia confusa non implica necessariamente che un’opera scritta debba imitarla. Se talvolta ho dogmatizzato, ne chiederò venia soltanto a quelli fra i lettori cui sembra che le mia stilizzazioni tradiscano il senso profondo del mito.
Trascinato dalle mie analisi entro zone riservate ordinariamente agli e specialisti », ho approfittato, per quanto mi è stato possibile, dei lavori reputati classici, e di qualche altro; e se non ne ho citato che un numero assai ristretto, non fu sempre per ignoranza, ma per la preoccu pazione di tenermi all’essenziale. Gli specialisti mi perdoneranno di aver tentato uno sforzo di sintesi che tutta la loro formazione tecnica non può non condannare? In mancanza d’una scienza universale per dominare la quale sarebbero necessarie molte vite mi sono limitato a procurarmi qua e là opportune conferme ad alcune idee affatto intuitive. Ne ho trovate, del resto, più del bisogno, e non ho dato alla luce che il riassunto delle mie ricerche. Questo compromesso mi espone a un duplice rischio: avrei forse convinto qualche lettrice se non avessi fornito prove; e mi sarei acquistato la stima degli specialisti, se non avessi tratto dai loro lavori conclusioni... In questa spiacevole situazione non mi resta che una speranza: quella d’istruire le lettrici divertendo insieme i sapienti.
Ho vissuto questo libro lungo tutta la mia adolescenza e la mia giovinezza; l’ho concepito sotto forma di opera scritta, nutrendolo di qualche lettura, da due anni; infine l’ho redatto in quattro mesi. Tutto ciò mi ricorda la frase di Vernet a proposito d’un quadro che vendeva molto caro: «Mi ha richiesto un’ora di lavoro, e tutta la vita ».
D. dn R.
21 giugno 1938.
Dei libri intermedi dirò che il secondo cerca di risalire alle origini religiose del mito, mentre quelli che lo seguono descrivono i suoi effetti nei più diversi settori: mistica, letteratura, arte della guerra, morale del matrimonio.
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Il primo libro espone il contenuto occulto della leggenda o mito di Tristano: è una discesa ai cerchi progressivi della passione.
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L’ultimo libro indica un’attitudine umana diametralmente opposta, riuscendo in tal modo a completare la descrizione della passione: giacché non si può dir di conoscere a fondo se non le cose che si sono superate o quelle almeno di cui si è potuto toccare, fosse pur senza oltre passarli, i limiti.
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Federico Nietzsche nacque il 15 ottobre 1844 a Röcken, povero villaggio tra la Prussia e la Sassonia. Il luogo, severamente melanconico, che tanto fascino doveva esercitare sullo spirito del fanciullino, era piaciuto al padre Carlo Ludovico, pastore luterano e musicista entusiasta. L'organo della chiesuola diffondeva intorno, la sera, gli spasimi arguti dell'incompreso sognatore. E la gente umile, rapita, taceva. Il tardo Federico, prediletto dal padre, allietato, frattanto, d'un robusto marmocchio e d'una rarissima e spiritualissima figliola, Elisabetta, era compagno grave e taciturno nelle passeggiate solitarie tutte ebre di luccicori di stagni e di accordi nostalgici di campane. Il muto poeta riceveva nella sua gracile sensibilità l'impronta ferrea della mano del destino. Un giorno la sventura piombò sulla tenera esistenza. Il padre, nell'agosto del 1848, in seguito a una violenta percossa al capo, impazziva. Dopo un anno era morto. L'Halévy, nella sua bellissima «Vita di Federico Nietzsche», di cui mi valgo per questi sparuti cenni biografici..
§ 1. Primi anni [12] |
RITTO
Cosí soltanto si può, come scrive Nietzsche potentemente, immergersi nel torrente di ghiaccio dell’esistenza. Non vi si tuffa l'alessandrino, il proto, il bibliotecario, senza fede, senza orgoglio, senza forza. Al pallore romantico dell'opera, il prodotto della coltura alessandrina del nostro tempo, velenosa evaporazione di perfide incertezze, dove necessità non appare, Nietzsche contrappone il germanico risveglio dionisiaco, la rinascita wagneriana della tragedia. Dioniso è l'infallibile giustiziere colà.
VERSO
Il Castiglioni, nel suo libro su Nietzsche scrive che «c'è l'eroe, e manca l'uomo»; e che «già nello Zarathustra s'inizia il commento» al mito, alla scoperta lirica; per il il IV dello Zarathustra è di lettura faticosissima.
Vedremo nel giudizio sul Nietzsche quanta umanità, quanta religiosa nobiltà di sofferenze, cioè, palpiti in questo bizzarro capolavoro di Nietzsche, il volontario della crudeltà, non lontano, talvolta, dal perverso furor di fede di chi ha scritto Le Mystère de Jesus, Pascal
http://italpag.altervista.org/4_filosofia/filosofia36.htm [13]
...il fatto che il desiderio sia o non sia soddisfatto, non cambia niente. La passione, una volta dichiarata, pretende molto più che la soddisfazione, vuole tutto e soprattutto l'impossibile: l'infinito in un essere finito.
Links
[1] http://rootiers.it/node/386
[2] http://rootiers.it/node/385
[3] http://rootiers.it/node/384
[4] http://www.ibs.it/editore/BUR+Biblioteca+Univ.+Rizzoli/bur+biblioteca+univ.+rizzoli.html
[5] http://www.ibs.it/collana/La+Scala.+Saggi/BUR+Biblioteca+Univ.+Rizzoli/la+scala.+saggi.html
[6] http://unpopperuno.wordpress.com/2010/12/11/lamore-e-loccidente-parte-seconda/
[7] http://www.lafrusta.net/rec_morselli.html
[8] http://www.movimentolibertario.it/shop/?p=productsMore&iProduct=29&sName=i-misfatti-dellistruzione-pubblica
[9] http://www.ibs.it/code/9788817112888/rougemont-denis-de/amore-occidente.html
[10] http://www.sapere.it/tca/MainApp?srvc=vr&url=/7/cr/628_1
[11] http://www.fondationderougemont.org/
[12] http://italpag.altervista.org/4_filosofia/filosofia36.htm#1.
[13] http://italpag.altervista.org/4_filosofia/filosofia36.htm